18 Ottobre 2024

Spreco Alimentare

Italia 2024, siamo improvvisamente diventati più spreconi?

Si direbbe di si. Secondo il rapporto annuale dell’Osservatorio Waste Watcher International, siamo passati dai 469 grammi di cibo buttato pro capite del 2023, a 685 grammi settimanali nel 2024. Si tratta dell’8,05% di spreco in più rispetto a un anno fa. Nel 2024 in Italia lo spreco alimentare, si stima, costerà circa 290 € annui a famiglia, ovvero 126 € pro capite ogni anno.

Si spreca di più nelle città e nei grandi Comuni (+ 8%) e meno nei piccoli centri, sprecano di più le famiglie senza figli (+ 3%) e molto di più i consumatori a basso potere d’acquisto (+ 17%). Si spreca di più a sud (+ 4% rispetto alla media nazionale) e meno a nord (- 6% rispetto alla media). Vale oltre 13 miliardi di euro, per l’esattezza 13.155.161.999 lo spreco complessivo di cibo in Italia: un dato vertiginoso che include lo spreco a livello domestico, che incide per oltre 7miliardi e 445 milioni, quello nella distribuzione che vale circa la metà cioè quasi 4 miliardi €, per la precisione 3 miliardi e 996 milioni €, oltre allo spreco in campo e nell’industria, molto più contenuto.

I motivi sono i più diversi. Per esempio, chi si dichiara “povero” non solo mangia peggio, ma spreca di più (+ 17%).

Quali le ragioni? Innanzitutto economiche.

L’effetto prolungato dell’inflazione abbassa il potere d’acquisto e indirizza verso cibo di peggiore qualità e più facilmente deteriorabile.

Questa la fotografia dello spreco, raccontata dal Rapporto “Il caso Italia” dell’Osservatorio Waste Watcher International. Dal punto di vista socioeconomico, il ceto che si autodefinisce “popolare” (“mi sento povero e fatico ad arrivare alla fine del mese”) e che in Italia conta oltre 5,7 milioni di persone (oltre il 10% della popolazione secondo i dati Istat) presenta un allarmante aumento del 280% di insicurezza alimentare rispetto alla media italiana. Si aggiunga a questo quadro che 1 consumatore su 2 a basso potere d’acquisto (ceto popolare) cerca cibo a ridosso di scadenza per risparmiare, e che il 41% sceglie il discount a scapito del negozio sotto casa o del supermercato, il 77% ha intaccato i risparmi per fare fronte al costo della vita, il 28% ha tagliato ulteriormente il budget per la spesa alimentare.

“Sono dati che dobbiamo attenzionare con cura – rileva il direttore scientifico Waste Watcher, Andrea Segrè – perchè ci permettono di evidenziare la stretta connessione fra inflazione e insicurezza globale da un lato e ricaduta sociale dall’altro, fra potere d’acquisto in calo costante e conseguenti scelte dei consumatori che non vanno purtroppo in direzione della salute dell’ambiente, ma nemmeno di quella personale. Scegliere cibo scadente, meno salutare e spesso di facile deterioramento non comporta solo un aumento del cibo sprecato in pattumiera, ma anche un peggioramento nella propria dieta e nella sicurezza alimentare. Se la salute nasce a tavola, dal cibo scadente deriva l’aggravio dei costi sociali e ambientali.”

In definitiva: da poveri mangiamo e stiamo peggio e sprechiamo persino di più. Se vogliamo davvero “fare la differenza”, come chiede il claim dell’11^ Giornata nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare, l’azione deve essere sinergica e servono anche e soprattutto politiche pubbliche mirate a mitigare gli impatti dell’inflazione sulla sicurezza alimentare, con un focus particolare sulla tutela dei ceti sociali più vulnerabili».

( Fonte W.W.I. a cura dello Spi CGIL Salerno)