12 Marzo 2025

Sanita’ dove sono i medici di famiglia ?

Mancano 5.500 medici di famiglia. Le cause? Tagli alla spesa, mancanza di programmazione e perdita di attrattività. Quali le ricadute sul nostro territorio?

La fondazione Gimbe è riuscita a fare solo una stima delle carenze di medici di medicina generale per regione.
Al 1° gennaio 2024 il territorio più in sofferenza è la Lombardia che registra 1.525 professionisti in meno. Seguono a distanza: Veneto (-785); Campania (-652); Emilia-Romagna (-536); Piemonte (-431). La carenza non fa che scaricare il peso degli assistiti sui colleghi in attività che per questo devono accettare, in deroga, numeri superiori al tetto massimo dei 1.500 pazienti.
In Lombardia il 74% dei medici di medicina generale ha cifre superiori al massimale. In Italia la media è di oltre un medico su due (51,7%).
Per Gimbe le soluzioni di ripiego che sono state adottate in passato, come l’innalzamento dell’età pensionabile a 72 anni e/o le deroghe sull’aumento del massimale, non hanno risolto il problema alla radice.
Il governo, insieme alle regioni, sta pensando di riformare il sistema sanitario attraverso il passaggio dei medici di medicina generale dal rapporto di convenzione a quello di dipendenza. L’obiettivo? Garantirne la presenza nelle case di comunità e negli altri servizi della asl.
La fondazione GIMBE, però, solleva una questione non secondaria: “Non è stata condotta alcuna valutazione di impatto che dimostri l’efficacia di questa soluzione: un’analisi approfondita dovrebbe considerare gli effetti economici, contributivi, organizzativi e professionali di una riforma di tale portata”. Per la fondazione Gimbe la riforma non può essere ridotta alla dicotomia tra dipendenza e convenzione. “Ancor più perché i diretti interessati hanno appreso della riforma solo tramite indiscrezioni di stampa, senza alcun coinvolgimento istituzionale. Un avvio nel peggiore dei modi, che la rende già un fallimento annunciato”, continua ancora il presidente Cartabellotta.
Il rischio di un flop esiste e il prezzo da pagare sarà alto. Le generazioni future dovranno saldare il debito contratto con il Pnrr e, in caso di fallimento, fare i conti con una diminuzione sistemica dell’assistenza medico-sanitaria.
Nel frattempo, la nuova riforma sulla disabilità, che si intreccia con l’aspetto generale, sta avendo un impatto negativo sulla provincia di Salerno, un territorio che in passato, prima della sperimentazione messa in atto dal governo, si distingueva per l’efficienza nell’elaborazione delle domande di riconoscimento.
Secondo Norberto Gagliardi, direttore dell’Inca CGIL di Salerno, la principale criticità deriva dall’aumento della complessità burocratica introdotta dalla riforma, che ha appesantito il carico di lavoro dei medici di base. “Ora il certificato medico vale come domanda, ma deve essere integrato con ulteriori dati, in particolare quelli socioeconomici, che in precedenza erano già inclusi automaticamente nel processo. Questo ha reso il percorso molto più macchinoso e ha scoraggiato molte persone dal presentare richiesta. A questo si aggiunge la mancanza di strumenti adeguati. L’Inps di Salerno, infatti, pur impegnandosi al massimo, non ha ancora software specifici per gestire la sperimentazione, con il risultato che i tempi di risposta si stanno allungando ben oltre le previsioni.”
Le difficoltà pratiche vengono denunciate anche da Jamal Qaddorah, Coordinatore INCA Regionale: “La riforma, oltre a complicare il percorso di riconoscimento, grava pesantemente sui medici di base, che si trovano a gestire un carico burocratico eccessivo senza strumenti adeguati. Inoltre, la carenza di specialisti nelle commissioni di valutazione e il mancato potenziamento delle risorse rendono l’accesso ai diritti delle persone con disabilità ancora più difficoltoso.”

( fonte Fondazione GIMBE, a Cura SPI Salerno)