18 Ottobre 2024

RAPPORTO CREA SANITÀ 2024

RAPPORTO CREA SANITÀ 2024

Giovedì 20 Giugno, a Palazzo Baldassini in Roma, è stato presentato il Rapporto CREA Sanità 2024.
Che qualcosa non andasse nel SSN si sapeva da tempo. Il dato, però, si è reso drammaticamente evidente solo negli ultimi anni. Si ritiene che il punto da cogliere per comprendere il fenomeno sia quello testimoniato dalla crescente disaffezione per il Servizio dei suoi principali fruitori/ utenti: i cittadini/pazienti e i professionisti sanitari. La disaffezione dei primi è testimoniata dalla continua crescita della spesa privata, con esborsi importanti (come testimoniato dalle risposte alle indagini di sorveglianza condotta da C.R.E.A. Sanità nel 2021) si conferma essere principalmente legata al persistere di inaccettabili liste di attesa, per le prestazioni valutate “non urgenti”; a conferma di ciò, si osserva una spesa sanitaria privata che nell’anno 2022 ha raggiunto i € 40,1 mld. in crescita dello 0,6% medio annuo nell’ultimo quinquennio.
Fa parte dei segnali di disaffezione, anche la crescente preferenza dei pazienti per il ricorso ai servizi (all’interno del SSN) delle strutture private accreditate, che potremmo presumibilmente attribuire alla percezione di una organizzazione dell’assistenza più rispettosa delle aspettative dei cittadini.
In questa (parziale) lista delle potenziali ragioni di disaffezione, va sicuramente aggiunta la rinuncia da parte del SSN a tutelare in modo organizzato la non autosufficienza, malgrado sia certamente la primaria ragione di bisogno, in una popolazione sempre piu anziana, cronica, e caratterizzata da una sempre maggiore frammentazione delle strutture familiari; a fronte della rivoluzione demografica intervenuta, la Globalità, prevista nei principi del SSN, non può più essere declinata nel perimetro “prevenzione-riabilitazione”, dovendosi oggi estendere anche alle fasi della “non autosufficienza/fragilità” e del “fine vita”. Va preso atto che di fronte al bisogno, come è ovvio, la Società si è organizzata alternativamente, ricorrendo alle badanti e, in parte, all’assistenza informale; questo spiega, almeno in parte, l’affezione dei cittadini italiani verso i benefici in denaro (pensioni in primis), che nel caso analizzato vede l’esempio più eclatante nelle Indennità di Accompagnamento erogate dall’INPS: € 14,5 mld. che, presumibilmente, rappresentano una parte rilevante delle risorse destinate a fronteggiare la non autosufficienza, ma che perpetuano anche il confinamento della “partita” nel mondo “opaco” del mercato non regolato, quand’anche non “nero”, delle badanti; secondo le nostre stime un “mercato” che vale € 7,7 mld. di cui il 52,9% per badanti “regolari”
L’analisi, che non si limita alla valutazione degli aspetti sanitari ed economici, ma analizza anche quelli sociali e di equità dell’assistenza, è stata condotta in base a 20 indicatori articolati su cinque dimensioni: equità, appropriatezza, esiti, innovazione, economico-finanziaria e sociale, e il risultato dà la misura reale dell’efficacia dell’organizzazione e degli esiti dell’assistenza sociosanitaria e permetterà anche di monitorare gli effetti dell’applicazione dell’autonomia differenziata dal Nord al Sud del Paese.
Tanto per cominciare, il Rapporto C.R.E.A. da molti anni rileva la sostanziale falsità della tesi, che pure è stata per molti anni prevalente, di una generalizzata inefficienza del SSN; tesi strumentalizzata da un po’ tutti i governi, a giustificazione di quasi due decenni di “tagli lineari”. Infatti, la spesa sanitaria italiana è storicamente inferiore a quella dei Paesi con cui siamo abituati a confrontarci. Il vero elemento discriminante rimane proprio il tasso di crescita della spesa totale: limitando l’osservazione all’ultimo quarto di secolo, appare evidente come essa sia cresciuta in Italia del +2,6% medio annuo, mentre nei Paesi che definiamo EU-Ante 19951 è, in media, cresciuta di +3,8%; pertanto la nostra crescita è stata mediamente inferiore di 1,2 punti percentuali.
Per quanto riguarda l’autonomia differenziata, il CREA ha messo a punto la metodologia per monitorarne gli effetti e darà i primi risultati non appena verrà concessa ad una o più Regioni. Nella prima fase di implementazione, sono state calcolate e poi comparate, per il periodo 2017- 2022, le dinamiche su dieci indicatori scelti dal Panel di esperti in gruppi di Regioni: il gruppo delle Province/Regioni Autonome o a statuto speciale (Sicilia, Sardegna, Valle d’Aosta, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige con Trento e Bolzano) verso le altre, quelle in Piano di Rientro (Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Puglia, Sicilia) sempre verso le altre e quello delle Regioni che hanno richiesto l’autonomia differenziata nel 2017 (Lombardia, Veneto, Emilia Romagna), ancora una volta verso le altre.

( Fonte CREA a cura di SPI CGIL Salerno)