Governo ipotesi di manovra

Il Governo Meloni in questi giorni è al lavoro per risolvere il nodo legato alla riforma delle pensioni per il 2025.
Infatti, a causa di una situazione economico-finanziaria piuttosto difficile, con le finanze pubbliche in forte affanno a causa dei notevoli costi da sostenere, è quasi certo che gli spazi in cui la Manovra economica potrà operare saranno piuttosto limitati. Si prevede infatti una Manovra leggera, che dovrebbe aggirarsi intorno ai 25 miliardi.
Come è noto da tempo, il sistema previdenziale italiano si fonda su un delicato equilibrio tra lavoratori e pensionati.
I primi, infatti, devono essere in numero maggiore rispetto ai pensionati, dal momento che sono loro a versare i contributi necessari all’erogazione delle pensioni.
Questo rapporto si sta sbilanciando e il sistema rischia di collassare. Sono anni che le organizzazioni sindacali denunciano la cosa, e chiedono con forza che, come primo passo, ci si decida finalmente a separare almeno la previdenza dall’assistenza, fattore quest’ultimo determinante per l’equilibrio del sistema. Nel frattempo, la maggioranza di governo propone modifiche e cambiamenti, con Lega e Forza Italia che spingono per l’introduzione di un sistema a quote che, per il 2025, avrà la denominazione di “Quota 41 light” e per l’incremento delle pensioni minime. Il governo è in affanno e il ministro dell’Economia Giorgetti preannuncia una misura drastica: è in arrivo, infatti, una stretta sulle pensioni anticipate. Inoltre, la Lega spinge per introdurre una novità importante: l’introduzione di forme di previdenza privata per i lavoratori più giovani, sapendo che queste ultime sono per lo più frutto della contrattazione. A causa della costante diminuzione delle nascite, il ministro Giancarlo Giorgetti ha più volte sottolineato la necessità di riformare il sistema.
Attualmente, quattro sono le misure vigenti che scadranno il 31 dicembre 2024: Ape sociale, Opzione donna, Quota 103 e l’aumento delle pensioni minime. Se non verranno rinnovate, potrà tornare in vigore la legge Fornero. È certo che il Governo non ha intenzione di adottare misure impopolari, come l’aumento dell’età pensionabile o una modifica delle finestre di uscita; sapendo che però il mantenimento  degli incentivi per le pensioni anticipate  per l’odierna situazione economica, è palesemente insostenibile. Infatti, grazie al Bonus Maroni è previsto un aumento in busta paga del 9,19% per i lavoratori che, pur avendo i requisiti per la pensione, scelgono di continuare a lavorare. Tale bonus è stato introdotto con la Manovra 2023. Inoltre, tra le proposte in esame c’è anche la possibilità di aumentare il valore dei contributi versati dopo una certa età.
Ulteriore novità riguarda le quote pensionistiche. Infatti, Quota 103 è stata un fallimento: a fronte delle 17.000 adesioni previste dal governo, solo 7.000 sono state confermate dall’Inps. Il problema risiede nella scarsa competitività rispetto ad altre opzioni. Quota 103 prevede il ritiro dal lavoro con 62 anni d’età e 41 di contributi, ma con le finestre si arriva a 43 anni e un mese.
Molto più conveniente risulta la pensione di vecchiaia, che richiede 42 anni e 10 mesi di contributi (41 anni e 10 mesi per le donne) prescindendo dall’età. Già soggetta a critiche è Quota 41 light, l’ultima “genialata” di Salvini, il rischio concreto è che il calcolo contributivo riduca l’assegno pensionistico tra il 15% e il 30%. Per contenere la spesa pubblica, il Governo starebbe altresì valutando la sospensione dell’indicizzazione delle pensioni all’inflazione. Questo provvedimento, se attuato, mirerebbe a risparmiare risorse per altre esigenze di bilancio, senza che, peraltro, si abbia la minima idea di dove saranno allocate. La Lega, inoltre, sta spingendo affinché il 25% del Trattamento di fine rapporto (Tfr) venga destinato obbligatoriamente alla previdenza integrativa. Il testo di questa proposta è già stato elaborato. L’obiettivo sarebbe garantire ai giovani una pensione più dignitosa. La bozza, redatta dai sottosegretari Federico Freni e Claudio Durigon, punta a evitare pensioni troppo basse.
Se ciò fosse, si tratterebbe del tentativo, nemmeno tanto nascosto, di avviare una privatizzazione parziale del sistema previdenziale, indirizzandolo verso fondi privati in mano al sistema finanziario.

(Fonte Brocardi a cura SPI Salerno)