L’ultima immagine che abbiamo della stazione di Bologna intatta, il 2 agosto 1980, è un’immagine amatoriale: l’ha girata un turista, si chiama Harald Polzer. Viaggia sull’Adria express che viene da Rimini e dal finestrino riprende l’arrivo sul primo binario. L’orologio segna le 10.14. Poi, alle 10.25, solo undici minuti dopo, tutto salta in aria. Anche i treni fermi sono investiti dalla poderosa onda d’urto dell’esplosione. È una carneficina. I feriti sono più di duecento, i morti 85 La vittima più giovane è una bambina di tre anni, Angela Fresu. Il corpo di sua madre non sarà mai più ritrovato. Muoiono anche alcuni lavoratori della stazione: taxisti e impiegate del buffet. L’orologio posto sulla facciata della stazione si ferma per sempre all’ora dell’esplosione.
“Ho un ricordo ben preciso di quel giorno. Ero conduttore del treno. Bigliettaio. Dovevo essere di turno a Cremona ma mi spostarono a Bologna. Tutti i treni erano in ritardo. Alle 10.24 ero vicino alla sala d’aspetto. Il capotreno fischia. La bomba esplode. Poi un silenzio irreale”.Dalla testimonianza di Roberto Castaldo, ferroviere.
Calata la nube di polvere, caduti gli ultimi calcinacci, si sente solo il rumore delle sirene, i civili che si dannano a sollevare travi e brandelli di abiti intrisi di sangue e pezzi di corpi. E poi macerie.
L’ala ovest della stazione crollata, l’edificio sventrato nel lato sinistro. Alle ore 12 la prima edizione speciale del telegiornale nazionale. Il ministro dell’interno, Virginio Rognoni, parla di un’esplosione accidentale, i notiziari diffondono l’ipotesi di una caldaia, la parola più usata da radio e tv è “sciagura”. Ma le interviste a chi era in stazione parlano chiaro: nell’aria l’odore di polvere da sparo toglieva il fiato, era di sicuro un attentato.
La deflagrazione, provocata da una bomba collocata nella sala d’aspetto di seconda classe, sopra la quale si trovano gli uffici dell’azienda che gestisce i servizi di ristorazione dello stabile, fa crollare un tratto del fabbricato lungo 50 metri Alle 10.27 arrivano i primi medici. Gli autobus di linea diventano improvvisate ambulanze, l’autobus numero 37 viene trasformato addirittura in un carro funebre di fortuna.
Da allora sono passati quarant’anni, sono stati celebrati diversi processi e quello che sappiamo è che i sospetti della prima ora si sono rivelati fondati: la strage, secondo la magistratura, è stata una strage fascista. Neofascisti gli esecutori materiali (Giuseppe Valerio “Giusva” Fioravanti, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini, e Gilberto Cavallini, condannato con sentenza di primo grado nel gennaio 2020).
Gli stessi depistaggi sono stati accertati e gli autori condannati: Licio Gelli, Pietro Musumeci, generale del Sismi (il servizio segreto italiano) legato alla P2, e poi il tenente colonnello Giuseppe Belmonte e il faccendiere Francesco Pazienza.
Sono passati 44 anni da questa mattanza. Non abbiamo dimenticato e non vogliamo dimenticare!
Tocca a noi,compagni di tante battaglie, per la democrazia, per il progresso, per la libertà, tenere alta la guardia e la vigilanza militante. No pasaran!
( fonte l’Internazionale, a cura dello Spi Cgil di Salerno)